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2009 dal 5 al 12 Aprile

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CORRIERE della SERA

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"ma l'attenzione pubblica si concentra sulla dimensione della sicurezza"

"In Italia più morti bianche che omicidi"

L'allarme del Censis: il numero di vittime del lavoro e della strada supera di gran lunga quello dei delitti

Lo stabilimento delle Acciaierie ThysseKrupp di Torino teatro, il 6 dicembre del 2007, di un incendio costato la vita a sette operai (Ansa)

Lo stabilimento delle Acciaierie ThysseKrupp di Torino teatro, il 6 dicembre del 2007, di un incendio costato la vita a sette operai (Ansa)

ROMA - In Italia le morti bianche e il numero delle vittime della strada superano di gran lunga i decessi legati alla criminalità o ad episodi violenti. I morti sul lavoro in particolare sono quasi il doppio degli assassinati e i decessi sulle strade otto volte più degli omicidi.

MORTI BIANCHE - È questo l'allarme che lancia il Censis, specificando che nel 2007 le morti legate al lavoro nel nostro Paese sono state 1.170, di cui 609 per infortuni stradali, ovvero lungo il tragitto casa-lavoro o in strada durante l'esercizio dell'attività lavorativa. E l'Italia, avverte il Censis, è di gran lunga il Paese europeo dove si muore di più sul lavoro. Se si escludono gli infortuni in itinere o comunque avvenuti in strada, non rilevati in modo omogeneo da tutti i Paesi europei, si contano 918 casi in Italia, 678 in Germania, 662 in Spagna, 593 in Francia (in questo caso il confronto è riferito al 2005).

INCIDENTI STRADALI - I numeri crescono ancora se si considerano le vittime degli incidenti stradali. Nel 2006, in Italia, i decessi sulle strade sono stati 5.669, un dato che supera di gran lunga quello registrato in altri Paesi europei anche più popolosi del nostro come Regno Unito (3.297), Francia (4.709) e Germania (5.091). Gli altri Paesi hanno fatto meglio di noi negli interventi tesi a ridurre i decessi sulle strade. Nel 1995 la Germania era maglia nera in Europa, con 9.454 morti in incidenti stradali, ridotti a 7.503 già nel 2000, per poi diminuire ancora ai livelli attuali. In Francia, si è passati dagli 8.892 morti sulle strade nel 1995 agli 8.079 nel 2000, per poi registrare un ulteriore calo. La riduzione in Italia c'è stata (i morti erano 7.020 nel 1995, 6.649 nel 2000, fino agli attuali 5.669), ma non in maniera così rapida, sottolinea il Censis, tanto da diventare il Paese europeo in cui è più rischioso spostarsi sulle strade.

CRIMINALITA' - E nonostante i decessi sul lavoro e quelli legati a incidenti stradali superino quelli legati alla criminalità, nel nostro Paese, sottolinea il Censis, "gran parte dell'attenzione pubblica si concentra sulla dimensione della sicurezza rispetto ai fenomeni di criminalità". Il numero degli omicidi in Italia continua a diminuire. In base ai dati delle fonti ufficiali disponibili elaborati dal Censis, sono passati da 1.042 casi nel 1995 a 818 nel 2000, fino a 663 nel 2006 (-36,4% in 11 anni). Sono molti di più negli altri grandi Paesi europei, dove pure si registra una tendenza alla riduzione: 879 casi in Francia (erano 1.336 nel 1995 e 1.051 nel 2000), 727 in Germania (erano 1.373 nel 1995 e 960 nel 2000), 901 casi nel Regno Unito (erano 909 nel 1995 e 1.002 nel 2000). Anche rispetto alle grandi capitali europee, nelle cittá italiane si registra un numero minore di omicidi. Nel 2006 a Roma si sono contati 30 casi, quasi come Parigi (29 omicidi, ma erano 102 nel 1995), 33 a Bruxelles, 35 ad Atene, 46 a Madrid, 50 a Berlino, 169 a Londra, che aveva toccato la punta massima (212 omicidi) nel 2003.

05 agosto 2008

REPUBBLICA

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L'accusa del leghista Castelli. "Statistiche manipolate per poter usufruire dei benefici"

"Basta criminalizzare gli imprenditori". L'opposizione: si deve vergognare

"Morti bianche, cifre gonfiate

falsi i numeri sulle vittime"

di PAOLO BERIZZI

"Morti bianche, cifre gonfiate falsi i numeri sulle vittime"

Roberto Castelli

ROMA - Le statistiche sulle morti bianche? Sono fasulle. Manipolate per fare ottenere risarcimenti assicurativi anche alle famiglie di quei lavoratori che perdono la vita sulla strada mentre vanno o tornano dal lavoro. Così, dopo l'indagine pubblicata dal Censis che ha rielaborato i dati ufficiali (1.170 decessi nel 2007, a fronte dei 663 omicidi), il sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti, Roberto Castelli. Che auspica: "È arrivato il momento di fare un'operazione verità". Sui dati, intende il senatore leghista.

Perché "soltanto in Italia si contano come morti sul lavoro, al fine di poter dare benefici assicurativi da parte dell'Inail, anche le morti che avvengono per incidenti stradali capitati mentre si va al lavoro o mentre si torna a casa a fine giornata. Morti che evidentemente - sostiene - nulla hanno a che vedere con la sicurezza in fabbrica".

Lo studio del Censis ("abbiamo usato dati iper ufficiali di Eurostat e Inail", precisa il direttore generale dell'istituto Giuseppe Roma) dice che le morti bianche in Italia sono quasi il doppio delle vittime degli omicidi, due volte quelle della Francia e il 30 per cento in più rispetto a Germania e Spagna. Ma Castelli non ci sta ("un po' di verità fa bene a tutti"): "È il momento di smetterla - dice - di criminalizzare gli imprenditori italiani. Se infatti estrapoliamo gli incidenti che avvengono in agricoltura e in edilizia, vedremo che in Italia la sicurezza delle aziende manifatturiere è ai migliori livelli europei".

Com'è facile supporre, le parole del senatore leghista hanno sollevato un polverone. Dai politici, dai sindacati, dall'Anmil (associazione nazionale mutilati ed invalidi del lavoro), si è alzato un coro di indignazione. Un'uscita giudicata a dir poco "inopportuna". "Le dichiarazioni di Castelli sono pericolose e prive di fondamento, un vero attacco alle norme sulla sicurezza sul lavoro", dice, sottolineando la puntualità delle statistiche fornite dall'Inail, Cesare Damiano, parlamentare Pd, ex ministro del Lavoro. "Anziché cercare dichiarazioni a effetto il sottosegretario farebbe bene a preoccuparsi del fatto che il suo governo sta manomettendo le buone leggi che riguardano salute, sicurezza e lavoro nero". "È da irresponsabili sminuire la gravità del fenomeno", aggiunge il vice presidente della commissione lavoro del Senato, Tiziano Treu. Il giudizio più severo arriva da Achille Passoni, del Pd, che parla di "delirio agostano": "Castelli si vergogni di fronte all'Italia e chieda subito scusa a tutti coloro che hanno avuto un parente morto o ferito per cause di lavoro".

Il collega di partito Daniele Marantelli, deputato varesino, un mese fa era stato l'autore dello slogan "Zero morti per Expo 2015": un segnale lanciato al governo affinché, in vista dell'apertura dei cantieri per la manifestazione milanese, si vigili sulla sicurezza proponendosi come obiettivo l'azzeramento del bollettino degli infortuni mortali. Proprio in vista dell'Expo, Marantelli si augura che "Castelli e gli altri rappresentanti del governo oltre al business e agli appalti pensino anche al valore della vita umana". Quella di cui parla il presidente dell'Anmil, Pietro Mercandalli: "Davanti alle cifre, anziché strumentalizzarle, bisognerebbe riflettere. Ricordo a Castelli che nel 2007, nel settore manifatturiero di cui lui parla, abbiamo avuto 185 infortuni mortali (101 in Francia, 113 in Spagna e 127 in Germania)". Forti critiche arrivano anche da Paola Agnello Modica, della segreteria nazionale della Cgil: "È singolare che si voglia estrapolare i settori dell'agricoltura e dell'edilizia. Perché? Sono lavoratori di serie B? Forse perché in questi settori sono spesso impiegati gli immigrati? Il sottosegretario si occupi di più delle condizioni delle strade che i lavoratori sono costretti a percorrere e investa in trasporto pubblico anziché in polemiche".

Alla fine della giornata, la replica di Castelli: "Su un tema serio come quello delle morti bianche non bisogna mistificare la realtà".

(7 agosto 2008)

 

Indagine dell'istituto di ricerca: il nostro Paese ha il triste primato in Europa

Nel 2007 hanno perso la vita 1.170 operai. "Ma le autorità concentrate sulla criminalità"

Incidenti sul lavoro, allarme Censis

"Più morti bianche che omicidi"

Incidenti sul lavoro, allarme Censis "Più morti bianche che omicidi"

ROMA - L'Italia è di gran lunga il Paese europeo dove si muore di più sul lavoro, quasi il doppio della Francia, il 30% in più rispetto a Germania e Spagna. Si muore di più sul lavoro o sulle strade che non ammazzati da un colpo di pistola o da una coltellata. Le vittime sul lavoro sono quasi il doppio degli assassinati e i decessi in incidenti stradali otto volte più degli omicidi. A lanciare l'allarme è il Censis, Centro studi investimenti sociali. "Tuttavia, gran parte dell'attenzione pubblica si concentra sui fenomeni di criminalità".

Se negli ultimi 11 anni gli omicidi sono diminuiti di un terzo (da 1.042 casi nel 1995 a 663 nel 2006), nei cantieri e sui posti di lavoro l'anno scorso sono morti 1.170 operai di cui quasi la metà in infortuni "stradali", nel tragitto casa-lavoro o travolti mentre lavoravano in strada. Se si escludono i cosiddetti infortuni "in itinere" o comunque avvenuti in strada, non rilevati in modo omogeneo da tutti i Paesi europei, si contano 918 casi in Italia, 678 in Germania, 662 in Spagna, 593 in Francia (in questo caso il confronto è riferito al 2005).

Confrontando gli omicidi con i morti per incidenti stradali, il Censis ha calcolato che i decessi in incidenti automobilistici sono otto volte gli omicidi. Nel 2006, in Italia sono stati 5.669, più che in Paesi anche più popolosi del nostro: Regno Unito (3.297), Francia (4.709) e Germania (5.091).

Tuttavia, "gran parte dell'impegno politico degli ultimi mesi è stato assorbito dall'obiettivo di garantire la sicurezza dei cittadini", ha detto Giuseppe Roma, direttore generale del Censis. "Risalta in maniera evidente - ha proseguito Roma - la sfasatura tra pericoli reali e interventi concreti per fronteggiarli. Il luogo di lavoro e la strada mancano ancora di presidi efficaci per garantire la piena sicurezza dei cittadini, e spesso si pensa che perdere la vita in un incidente stradale sia una fatalità. I dati degli altri Paesi europei dimostrano che non è così".

(5 agosto 2008)

L'UNITA'

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Castelli: "Le morti bianche? Cifre fasulle gonfiate ad arte"

Castelli ministro di Giustizia

Il governo tratta i morti sul lavoro come numeri qualunque e per di più numeri falsi. "Le statistiche sulle morti sul lavoro che periodicamente ci vengono trasmesse sono fasulle": dice il senatore della Lega Nord Roberto Castelli, sottosegretario alle Infrastrutture. E ritiene giunto il momento per "un'operazione verità ". Castelli sostiene la sua accusa con il paradosso per cui "soltanto in Italia si contano come morti sul lavoro, al fine di poter dare benefici assicurativi da parte dell'Inail, anche le morti che avvengono per incidenti stradali capitati mentre si va al lavoro o mentre si torna a casa dopo il lavoro. Morti che evidentemente nulla hanno a che vedere con la sicurezza in fabbrica". Ma forse Castelli non legge i giornali e non segue le notizie che ogni giorno raccontano incidenti nei cantieri, nelle fabbriche, nei campi. Non sulla strada. E proprio per questa sua disinformazione può dire che "se estrapoliamo gli incidenti che avvengono in agricoltura e in edilizia, vedremo che in Italia la sicurezza delle aziende manifatturiere è ai migliori livelli europei".

Inoltre, come se non bastasse, per evitare di "sottovalutare il problema" se la prende con chi vuole "criminalizzare gli imprenditori italiani". E tuona: "E' il momento di smetterla".

"Castelli si vergogni e chieda subito scusa a tutti coloro che hanno avuto un parente morto o offeso per cause di lavoro", è stata la reazione del senatore del Pd, Achille Passoni che non ha affatto apprezzato l'operazione verità del sottosegretario leghista: "Farebbe comodo pensare che si tratti di un delirio agostano, invece temiamo che queste affermazioni si inseriscano pienamente nella esplicita intenzione mostrata dal governo Berlusconi e dalla maggioranza tutta di ridurre progressivamente le tutele sul lavoro". Si è fatto sentire anche l'ex ministro del Lavoro Cesare Damiano per il quale le parole di Castelli "sono pericolose e prive di fondamento, un vero attacco alle norme sulla sicurezza sul lavoro".

Ma alle affermazioni di Castelli replica Cesare Damiano, viceministro del lavoro nel governo-ombra del Pd, definendo le sue valutazioni "pericolose e non vere" e soprattutto "prive di fondamento, un vero attacco alle norme sulla sicurezza sul lavoro. Le statistiche fornite dall'Inail sono puntuali, tant'è che il consuntivo sulle morti viene fornito soltanto ad un anno di distanza per evitare dati non veritieri".

Per l'esattezza Damiano propone un confronto su dati storici: "I dati forniti negli anni sono sempre omogenei - continua Damiano - e consentono di evidenziare le tendenze in atto. Se nel 1963, anno del boom dell'economia, ci furono in totale oltre 4400 morti sul lavoro, nel 2006 le morti furono 1341, discese nell'anno successivo a 1210. Vale a dire 131 vite risparmiate anche grazie alle misure di lotta contro il lavoro nero, la precarietà e per la sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, varate dal governo Prodi. È una tendenza positiva che deve essere potenziata, visto che la diminuzione non è ancora allineata alle richieste dell'Europa".

Poi, mettendo da parte i numeri complessivi ricorda: "Un solo decesso è sempre una tragedia, lo ricordi Castelli", continua Damiano. "Di questo si dovrebbe preoccupare spingendo il governo a proseguire su questa strada anziché, come ha fatto finora a manomettere le buone leggi che riguardano salute, sicurezza, appalti e lavoro nero. Il sottosegretario Castelli, anziché cercare dichiarazioni ad effetto, farebbe bene a chiedere conto di questo comportamento al suo governo e battersi perché entro la fine dell'anno venga attuato il decreto sui lavori usuranti che contribuirebbe a diminuire gli incidenti".

Alle parole di Damiano fa eco il senatore del Pd, Tiziano Treu, vicepresidente della Commissione lavoro: "E' da irresponsabili sminuire la gravità del fenomeno. È vero che esistono differenze tra i vari settori, ma proprio per questo è privo di senso voler sottovalutare la gravità degli infortuni nei comparti decisivi di agricoltura ed edilizia come tenta di fare Castelli. Piuttosto la situazione esistente deve spingere il governo, per ora restio, a concentrare gli sforzi proprio negli ambiti che sappiamo essere maggiormente pericolosi".

Pubblicato il: 06.08.08

Modificato il: 07.08.08 alle ore 13.47

Mandate i soldati nei cantieri: i morti il doppio degli omicidi

Morte sul lavoro, 220, foto Ansa, 18/7/2007

Mentre l'attenzione degli italiani si concentra sul problema della sicurezza in città e sugli episodi di criminalità, in Italia si muore di più sul lavoro e sulle strade che per mano degli assassini. Gli omicidi infatti sono la metà delle morti sul lavoro e otto volte meno dei decessi sulle strade. A dirlo è il Censis nel rapporto sulla "sicurezza e l'allarme sociale". Tanto allarme, poca sicurezza più ce ne sarebbe bisogno.

In Italia, dice il rapporto, gli omicidi continuano a diminuire passando da 1.042 casi nel 1995 a 818 nel 2000, fino a 663 nel 2006 (-36,4% in 11 anni). Molti di più negli altri paesi europei, dove comunque si registra una tendenza alla riduzione: 879 casi in Franci, dove erano 1.336 nel 1995 e 1.051 nel 2000, 727 casi in Germania, dove erano 1.373 nel 1995 e 960 nel 2000, 901 casi nel Regno Unito dove erano 909 nel 1995 e 1.002 nel 2000. Anche rispetto alle grandi capitali europee, nelle città italiane si registra un numero minore di omicidi anche senza militari. Nel 2006 a Roma si sono contati 30 casi, quasi come Parigi dove sono state uccise 29 persone, 33 a Bruxelles, 35 ad Atene, 46 a Madrid, 50 a Berlino, 169 a Londra, che aveva toccato la punta massima con 212 omicidi nel 2003.

In Italia è il lavoro a fare più vittime. Nel 2007 sono stati 1.170 gli omicidi bianchi di cui 609 in infortuni "stradali", ovvero lungo il tragitto casa-lavoro, "in itinere", o in strada durante l'esercizio dell'attività lavorativa. E in questo, dice il Censis siamo "di gran lunga il paese europeo dove si muore di più". Anche se si escludono le morti in itinere ci aggiudichiamo comunque il primo posto con 918 lavoratori uccisi a fronte dei 678 della Germania, 662 della Spagna, 593 della Francia solo nel 2005.

Per non parlare delle vittime della strada. Nel 2006 5.669 di italiani sono morti alla guida e siamo in cima alla classifica anche tenuto conto di Paesi più popolosi del nostro come il Regno Unito dove sono morte per strada 3.297 persone, la Francia con 4.709 e la Germania, 5.091.

E agli incidenti stradali, tra l'altro, secondo il Rapporto, non abbiamo saputo porre rimedio. "Gli altri paesi sono intervenuti meglio di noi nel ridurre i decessi sulle strade". Se, infatti, nel 1995 la Germania era "maglia nera" in Europa, con 9.454 morti in incidenti, già dal 2000 ha ridotto le morti sulle sue strade a 7.503, per poi diminuire ancora ai livelli attuali. Stessa cosa vale per la Francia. In Italia la "riduzione c'è stata, i morti erano 7.020 nel 1995, 6.649 nel 2000, fino agli attuali 5.669, ma non in maniera così rapida, tanto da diventare il Paese europeo in cui è più rischioso spostarsi".

Insomma, in Italia "si muore di più durante le attività ordinarie che non a causa della criminalità o di episodi violenti". Ma resta il dato che "gran parte dell'impegno politico degli ultimi mesi è stato assorbito dall'obiettivo di garantire la sicurezza dei cittadini rispetto al rischio di subire crimini violenti", come osserva Giuseppe Roma, direttore generale del Censis, commentando i dati. "Tuttavia, se si amplia il concetto di incolumità personale, e si considerano i rischi maggiori di perdere la vita, risalta in maniera evidente la sfasatura tra pericoli reali e interventi concreti per fronteggiarli. Il luogo di lavoro e la strada mancano ancora di presidi efficaci per garantire la piena sicurezza dei cittadini, e spesso si pensa che perdere la vita in un incidente stradale sia una fatalità. I dati degli altri Paesi europei dimostrano che non è così".

Pubblicato il: 05.08.08

Modificato il: 05.08.08 alle ore 21.23

 

 

 

 

 

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